Un Natale Nocturno. I consigli della redazione
I collaboratori della rivista scelgono i film per augurarvi Buone Feste di sangue
Il Natale è il periodo del buonismo per eccellenza. La comfort zone di Dickens, Topolino, Una poltrona per due. Noi di Nocturno vogliamo rovesciare il tavolino: nei giorni più buoni dell’anno scrutare l’abisso, guardare l’oscuro, perdersi nel nero. Come si conviene a una rivista di genere, dunque, abbiamo chiesto a redattori e collaboratori di dare un consiglio, uno per uno, in poche battute come antidoto alle feste. Non sono per forza film natalizi, ma sono film di genere che sabotano le certezze e mettono in una posizione scomoda. Tra il panettone e il torrone, c’è anche uno schizzo di sangue e una scheggia di paura. Buon Natale Nocturno.
À l’intérieur di Alexandre Bustillo e Julien Maury
È la notte della Vigilia di Natale in una Parigi messa a ferro e fuoco dalle rivolte nelle banlieue, e una donna incinta vivrà il peggiore dei suoi incubi. Inside – À l’intérieur, film del 2007, diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury è una favola nera che gronda sangue, litri, ettolitri di sangue e, come capita nelle migliori fiabe, campeggia la presenza di una strega, tanto affascinante quanto folle e senza scrupoli. Il film fa parte dell’ondata squisitamente splatter del cinema francese dei primi del 2000 e i due registi compongono una storia minimalista, segnata dalla solitudine della protagonista e focalizzata sulla violazione del corpo, prima, e dell’abitazione, poi, giocando con la metafora, con la paura del diverso e dell’intruso, spostandosi sul piano puramente politico. Ma l’attenzione è catalizzata da una messa in scena quasi classica, con movimenti di camera lenti e composizioni geometriche, un’estetica affascinante che cattura l’occhio dello spettatore, che non riesce a distogliere lo sguardo dall’inizio alla fine, per fissare bene sulla retina la bellezza del terrore. (Mariangela Sansone)
A Kitten for Hitler di Ken Russell
Stanchi dei buoni sentimenti fatti ingollare tra una portata e l’altra del pranzo di Natale? Annoiati dall’ennesimo fantastico corto natalizio dei Jackal? Allora togliete Una poltrona per due, spaccate la Tv a raggi catodici dove stavate guardando il film, e collegate YouTube per godervi gli 8 minuti di A Kitten for Hitler. Ken Russell, qui al suo penultimo lavoro, ci racconta l’impresa pacifista di un bambino ebreo per intenerire il cuore di Hitler. Così vediamo l’ingenuo Lenny, nel pieno della Seconda Guerra, andare in Germania per consegnare il regalo di Natale – un gattino – a due commossi Hitler ed Eva finché, questi ultimi, non notano al collo del ragazzo una stella di David. Presentato su internet, il corto nasce da una scommessa fatta tra Ken e il produttore e Melvyn Bragg: sarebbe riuscito il regista de I diavoli a creare qualcosa che lo stesso Bragg – fervente anti-censore – avrebbe bandito? Il corto, infatti, venne rifiutato da ogni produttore e il ruolo di Lenny affidato all’adulto Rusty Goffe (ex Oompa Loompa). Ma la lezione del film è una, Ken Russell l’aveva capito e i social ci mangiano sopra da anni: i gatti domineranno il mondo e sconfiggeranno il politicamente corretto. (Maria Eleonora C. Mollard)
Better Watch Out di Chris Peckover
Il Natale, si sa, evoca l’home invasion. Per lo meno a Casa Nocturno. D’altro canto, lo stesso Santa Claus sa introdursi con facilità in qualsiasi casa, mentre le famiglie dormono serene, serpeggiando silenzioso tra ninnoli e lucine. L’ossessione, tipicamente americana, di dover difendere con armi e trappole la propria casa da estranei malviventi si è sigillata per sempre con l’atmosfera natalizia grazie a Mamma ho perso l’aereo. Il film natalizio per eccellenza di ogni millenials che si rispetti. Era inevitabile, quindi, che io eleggessi Better Watch Out di Chris Peckover, la nemesi di Home Alone, a mio film natalizio del cuore. Anche qui c’è un bambino, Luke (Levi Miller), che passa la viglia di Natale solo con la baby-sitter – di cui è invaghito –, appassionato di trappole che usa per proteggere la casa dai pericoli esterni. Eppure, qualcosa non torna… Vi ricordate quando Kevin McCallister colpiva i ladri in testa con dei barattoli di vernice? Better Watch Out cita esplicitamente questa scena, in versione splatter. Chi entra in casa di Luke, esce steso. (Giorgia De Carolis)
Black Christmas – Un Natale Rosso Sangue di Bob Clark
Prima di Halloween e l’infinita saga di Venerdì 13, Bob Clark prima di fare fortuna con i Porky’s gira questo classico natalizio di sangue, da scoprire o riscoprire sotto le feste. In una casa per studentesse, un maniaco si introduce nella soffitta. Durante i festeggiamenti di Natale, la festa viene però turbata dallo squillo del telefono: Jess (Olivia Hussey) alza la cornetta e sente ansimare dall’altra parte. Inutile dire che inizieranno a morire una ad una. Nel film di Clark gli ingredienti dello slasher ci sono tutti, ma c’è anche qualcos’altro: c’è la rivendicazione femminile, l’incapacità maschile di gestire rapporti e ordine, c’è il sangue e qualche colpo di scena ben assestato. Dopo lo splendido e lugubre La morte dietro la porta, Clark firma un’altra pellicola elegante e carica di tensione, dove non mancano i sottotesti politici e la critica verso l’American Way of Life. Il film ha generato ben due remake, uno nel 2006 e un altro nel 2019 . (Simone Bisantino)
Fargo – La serie di Noah Hawley
Per le feste credo che il recupero, ma anche una seconda visione di approfondimento perché no, di una (ma anche tutte) le stagioni di Fargo, serie ispirata all’omonimo film, possa rappresentare davvero la svolta visiva e visionaria della festa più attesa e temuta. Caratterizzata da scelte stilistiche come l’enfasi sul colore bianco del paesaggio innevato del Minnesota sempre al centro dell’ambientazione, abbinata spesso a musica malinconica, la serie prodotta e ideata principalmente da Noah Hawley esplora nelle sue cinque stagioni tematiche e atmosfere natalizie rivisitate in una chiave noir centrata sul tema della redenzione e prive del pessimismo esistenziale. Alcuni esempi del Natale in Fargo? Una scena breve ma ricca di significato nella stagione 3: quella con protagonisti Varga ed Emmit nella sala d’ingresso della casa di quest’ultimo, arredata con un orso imbalsamato e un albero di Natale. Oppure nella recente stagione 5, in cui Lorraine e la sua famiglia si immortalano nel ritratto per la cartolina di Natale imbracciando i fucili. Fargo non perde mai il suo clima surreale e nemmeno il suo umorismo, ci tiene incollati allo schermo con una suspense unica, e la neve si macchia spesso di sangue. (Maria Capozzi)
The Children, di Tom Shankland
Si stanno avvicinando le cene natalizie, luogo di incontro per antonomasia di tutta la famiglia. Tradizione vuole che ci sia sempre un parente indesiderato (e se non è il tuo caso, allora sei tu…). Potrebbe però andare peggio: per esempio, che tutti i bambini presenti si coalizzino contro gli adulti trasformando una serata di convivialità e di celebrazione dell’unità (apparente) della famiglia in un massacro, coordinato da un’indeterminata intelligenza superiore. È così che Tom Shankland costruisce l’immagine ipocrita della classica reunion familiare sotto l’albero di Natale, con la tipica cornice di bianco innevata, inizia a minarla con i dissapori interni e le dinamiche nascoste, poi dà il colpo di grazia mettendo in scena una rivolta generazionale truculenta e dai tratti soprannaturali. Il film di Shankland è sicuramente una distrazione ad alto tasso di tensione e di sangue e un’occasione di grande efficacia orrorifica di evadere dal rito eterno, pulito, pubblicitario, consumistico, del Natale. Entrino i bambini, che la festa abbia inizio! (Marcello Aguidara)
Gli occhi dello sconosciuto di Ken Wiederhorn
Il colosso di Fred Walton, Quando chiama uno sconosciuto (When a Stranger Calls) del 1979, è ormai considerato centrale nella fondazione dello stalker movie contemporaneo. Ancora poco conosciuto è il titolo di Ken Wiederhorn uscito due anni dopo, Eyes of a Stranger del 1981: sfruttando la scia del precedente, ecco uno stalker che si fregia di un inizio e un finale devastante. C’è il maniaco che perseguita belle ragazze, naturalmente, e una donna – la conduttrice televisiva Jane – che crede di individuarlo nel vicino di casa. Inizia un pedinamento hitchcockiano. Ma il mostro prende di mira proprio la sorella di Jane, Tracy, una giovane sordomuta che altri non è che la diciannovenne Jennifer Jason Leigh… Il crescendo è spietato, implacabile, e conduce all’invasion finale sotto forma di una danza di morte senza parole. Che c’entra col Natale? Niente, o forse qualcosa… Nei dintorni del capolavoro, anche se non lo sa nessuno. (Emanuele Di Nicola)
Gremlins di Joe Dante
Il mio consiglio è un classico film di Natale che almeno una volta nella vita andrebbe visto… in famiglia. Si tratta dei famigerati Gremlins di Joe Dante. Io lo vidi con i miei genitori da piccola e lo ripropongo ogni anno, assieme all’altro classico Die Hard. I Gremlins rappresentano tutto ciò che c’è da rappresentare a Natale e del Natale: creature che nascono innocue, misteriose, adorabili, le quali, se cibate di eccessi, se non nutrite e accolte con i propri limiti, se sfruttate per scopi personali e sottovalutate nelle loro ingenuità, ritornano in veste vendicativa, eccessivamente punitiva e in massa, per ristabilire quell’ordine ancestrale, sacramente profano, rituale, che dovrebbe avere il Natale. Il Natale come la grande festa d’inverno più che il compleanno del famoso nascituro. E i Gremlins rappresentano anche la doppia faccia del Natale, dove la bontà autocelebrativa e ipocrita, sfrutta commercialmente le vere intenzioni conciliatrici e pacificatrici della ricorrenza. Dante lo esprime attraverso una storia che racconta molto bene il mondo occidentale e illustra in maniera simbolicamente efficace tutte le note contradittorie della celebrazione. C’è il povero padre di Kate che muore calandosi dal camino, trovato putrefatto giorni dopo; o la paura lungimirante del patriota Mr. Futterman, che vede nei Gremlins quelle paure di uno Stato Americano sempre in allerta, ma che coltiva altrettanti sensi di colpa… Un film che presenta tantissimi strati interpretativi, efficace per ogni Natale. (Martina Palaskov Begov)
Il bacio perverso di Samuel Fuller
Una donna picchia selvaggiamente un uomo con una scarpa: squassanti inquadrature in soggettiva riprese con macchina a mano, dell’uno e dell’altra, riempiono lo schermo mentre una parrucca viene strappata alla donna, rivelandone la calvizie. La ragazza ha la meglio e si riprende dei soldi in tasca al tizio ormai esanime, dandogli del parassita. Questo il potente attacco de Il bacio perverso che vede un’incredibile Constance Tower interpretare una prostituta, Kelly, che si libera del protettore e che finisce in un paesino dove cerca di cominciare una nuova vita come infermiera dedicata ai bambini disabili. Ma il destino le pone sulla strada un uomo facoltoso, di cui fatalmente si innamora, e che si rivela molestatore di bambine. Nuda è Kelly nella prima scena in cui le vengono strappati vestito e parrucca, e così si sentirà nel momento in cui un bacio le rivelerà, istintivamente, la natura nefasta dell’uomo che le è accanto. La furibonda irruenza della messa in scena dell’incipit, tipica di Fuller, è tenuta a bada nel corso di questo bellissimo dramma a tinte noir che non ha paura di trattare, nel 1964, argomenti forti come la pedofilia, la prostituzione e l’ipocrisia perbenista della provincia americana, per poi riesplodere in una magistrale scena all’interno di una tetra villa, teatro dell’abuso. (Claudio Gargano)
In Bruges – La coscienza dell’assassino di Martin McDonagh
Cosa c’è di più natalizio di una pittoresca città medievale delle Fiandre Occidentali agghindata a festa e imbiancata dalla neve dicembrina? Sulla carta, la cornice ideale per un episodio di Love Actually. Se non fosse che McDonagh decide di piazzarvi due sicari in fuga da Londra dopo una missione andata storta, trasformando una location da fiaba nel teatro di un’assurda resa dei conti criminale con immancabile spargimento di sangue finale. Non sarà A Christmas Carol, ma è pur sempre con i fantasmi del passato che devono vedersela i protagonisti di questa parabola di colpa e redenzione dall’animo tragico ma dai toni farseschi, tra personaggi sopra le righe e situazioni surreali, dialoghi fulminanti e lampi di violenza grottesca; nel segno di un umorismo nero che non fa prigionieri (prostitute, nani, obesi, americani…). Un’opera prima d’irresistibile scorrettezza, da riscoprire e gustare sotto l’albero per contrastare il dilagante buonismo delle feste. (Luca Aloi)
L’indiscreto fascino del peccato di Pedro Almodovar
Il film appartiene alla prima fase del regista spagnolo, quella più grottesca, irriverente e con marcati accenti sulla sessualità e le trasgressioni. Ed è proprio questo suo carattere così bizzarro a rendere interessante il film, la cui storia è semplice: Jolanda è una cantante di night-club ricercata dalla polizia dopo la morte del compagno per overdose, e che si rifugia nel convento delle Redentrici Umiliate, un gruppo di suore dedite a ogni tipo di piacere e perversione. Trattasi di un Almodovar molto buñueliano (e il titolo italiano richiama Buñuel), così surreale, graffiante e con un gusto spiccato per il grottesco. Anticlericale e sopra le righe, è un dramedy a tratti blasfemo che ci fa divertire e riflettere sul senso del peccato. Le suore – dai nomi più assurdi – si iniettano eroina, sniffano cocaina e spacciano droga, allevano una tigre, una scrive romanzi erotici e la superiora intrattiene rapporti lesbici con una ragazza tossica. (Davide Comotti)
Storie di fantasmi di John Irvin
L’ambientazione invernale sicuramente si confà al periodo natalizio, anche se il film in questione non rientra affatto in nessun sottogenere di questo tipo. Ma all’interno di questo piccolo gioiello c’è davvero di tutto: erotismo, spettri, reincarnazioni, storie di paura e, soprattutto, di vendetta. Come quelle che amano raccontarsi i quattro anziani amici al centro del racconto: un piccolo circolo dove il passato viene celebrato e allo stesso tempo messo a tacere, semplicemente con questo infantile contatto con l’ignoto e con il terrore. Prima che, ovviamente, l’ignoto e il terrore facciano davvero capolino. John Irvin mette in scena sequenze davvero inquietanti, dove la morte viene rappresentata nel modo più onesto e fisico possibile. Tratto da un romanzo di Peter Straub, Storie di fantasmi è anche l’ultimo passo nel cinema di attori come Fred Astaire, Douglas Fairbanks e Melvyn Douglas. Quest’ultimo morì quattro mesi prima dell’uscita in sala del film. Il cinema imita la vita, e quindi anche la morte. (Francesco Belliti)
To All a Goodnight di David Hess
Non aprite quella porta! Non entrate in quella casa o, meglio ancora, in quel collegio! Ma soprattutto, quando le vacanze di Natale si avvicinano, non sognatevi nemmeno di varcare la soglia di quello stramaledetto studentato. Soprattutto se il ricordo del tutt’altro che accidentale salto nel vuoto di una giovane e innocente matricola ancora arde come un bel focherello la notte della Vigilia. Ma state tranquilli che a recapitare a domicilio l’implacabile memento mori, bello e infiocchettato, ci penserà il nostro bonario Santa Killer di fiducia: deciso più che mai a dispensare doni, vendetta e dolorosa distruzione con la spietata e seriale efferatezza che da sempre lo contraddistinguono con l’approssimarsi delle feste. Ed è appunto una festa coi grandguignoleschi fiocchi quella che questo divertente e divertito slasher d’annata si propone di apparecchiarci sotto l’albero; erede più che mai legittimo di quei Natali Rosso Sangue e Mortali Nottate che solo l’innevato orrore anni Ottanta era in grado di farci trovare sotto il vischio. (Matteo Vergani)