Intervista a Corrado Roi
Il Profondo Nero di Roi per un Dylan d’Argento
Il disegnatore Corrado Roi, una colonna bonelliana da anni, ci parla della storia dell’indagatore dell’incubo scritta da Dario Argento.
Ormai l’avrete già divorato anche tutti voi nocturniani il Dylan Dog n. 383, che – come indica già l’argentata copertina (bellissima, di Gigi Cavenago) – segna il debutto di mastro Dario Argento come soggettista di un episodio del famoso indagatore dell’incubo.
Episodio molto intrigante, impreziosito dai drammatici chiaroscuri espressionisti di Corrado Roi, disegnatore ideale per una storia come questa oltre che Il Disegnatore Numero Uno in assoluto del personaggio ideato da Tiziano Sclavi (è in forza al detective di Craven Road dal n. 4 della testata e da allora le storie intinte nelle sue ombre inquietanti ormai non si contano più), al quale abbiamo chiesto com’è nata la storica collaborazione
“Mah, se ben ricordo era un’idea che già era stata avanzata ai tempi degli storici Dylan Dog Horror Fest a cui lui aveva partecipato come guest star e che poi non si era realizzata, non ricordo più neppure per quali motivi (all’epoca la mano passò a Carlo Lucarelli). Adesso finalmente il progetto è andato in porto, ma devi sapere che quello che uno s’immagina da lettore spesso non corrisponde alla realtà di come viene prodotto un fumetto seriale come DyD, che ha anche una sua inevitabile dimensione ‘industriale’”
Spiega Roi, che è tanto simpatico e disponibile quanto spiccio e senza peli sulla lingua nel fare a pezzi la nostra idea romantica della coppia disegnatore-sceneggiatore che discutono come realizzare la storia tavola dopo tavola a notte fonda (magari coi Goblin in sottofondo, Roi è anche un appassionatissimo audiofilo e chitarrista).
“Io in questa lavorazione Dario non l’ho neppure mai incontrato: i rapporti con lui li ha tenuti Stefano Piani, che lo ha supportato nel lavoro di sceneggiatura (è stato lo sceneggiatore del controverso ultimo Dracula 3D del Maestro, NdA). Dovete tenere sempre presente che DyD è un fumetto da edicola, ogni mese deve uscire puntuale un nuovo episodio, sicché la lavorazione è appunto più industriale di quanto ci piaccia pensare: lo sceneggiatore mi manda una scena, io la disegno. Punto. Se mai, a volte la ‘collaborazione’ si sviluppa in maniera imprevista, per esempio quando ricevo una scena che sarebbe illogica narrativamente (in un precedente episodio, un killer aggredisce Dylan in auto e poi fugge dalla portiera posteriore… di una 2CV?!). In Profondo Nero, per dire, è opera mia il finale, con la protagonista Beatrix trasformata in una statua di marmo al cimitero, incatenata nella posa della sua vocazione di slave, perché il finale con Dylan ferito in ospedale non mi sembrava soddisfacente”.
Allora abbiamo chiesto al disegnatore se considera Dylan Dog un personaggio “argentiano”: “A dire il vero, secondo me alle origini lo era ancor più di adesso. Se rileggete i tanto osannati primi numeri scritti da Sclavi, noterete che procedono molto più ‘a salti’ delle storie più recenti: Tiziano scrive con frequenti cambi di ritmo nella storia, il che rende le sue storie narrativamente più ‘argentiane’. Infatti anche i suoi romanzi sono un po’ scritti come delle sceneggiature di film. In effetti, quello che ha fatto la nuova direzione di Recchioni (criticata da molti fan integralisti, NdA) è stato solamente dare una maggiore linearità e continuità al personaggio, a parte modificare un po’ il suo scenario di riferimento per adattarlo ai tempi. Secondo me, del pool di sceneggiatori che si sono avvicendati su DyD, Corrado Chiaverotti è quello che più ha mantenuto l’irregolarità ritmica di Sclavi, infatti disegnando il suo personaggio Morgan Lost (Roi infatti illustra ora anche Ricordi, il n. 9 del suo nuovo corso Dark Novels, in edicola dal 23 agosto e di cui vedete un paio di tavole nella gallery, NdA) ho ritrovato molte similitudini col DyD storico”.
Peccato che non si possa sapere di più sull’evoluzione del mondo espressivo argentiano da Roi, perché invece di curiosità ce ne sarebbero un bel po’ da sviscerare, proprio su questa recente “svolta cartacea”: la sua storia di DyD in effetti è molto argentiana come gusto, e non solo per le prevedibili citazioni/omaggi (dal titolo all’assassino guantato, ai poster filmici nel negozio di gadget “cozziano”). Lo è ben prima, per l’irrazionalità onirica (griffe del Maestro) con cui è costruita: infatti Dylan si mette ad indagare sulla ragazza sparita solo per essere rimasto affascinato da un’apparizione a una mostra, senza essere stato ingaggiato come detective, come di solito accade. Da quell’apparizione si passa a un sogno in cui il protagonista viene messo di fronte anche alla propria fascinazione per il rapporto dolore-piacere (purtroppo, non approfondito oltre), che sta al centro della raffinata vicenda. La quale muove da un quadro del 1526 (come diversi racconti dalla sua antologia Horror – Storie di sangue, spiriti e segreti), la Lais Corinthiaca di Hans Holbein (vedi riproduzione nella gallery) e – fra citazioni di Secretary, di Dan Brown e delle inevitabili 50 Sfumature di Grigio – smuove lontani ricordi (o leggende) sui whipping boy: non lo sfortunato gruppo indie pop inglese (del cui capolavoro Heartworm vedete la cover nella gallery) ma i capri espiatorî cui pare venissero comminate (a scopo educativo) le punizioni corporali che un precettore non avrebbe potuto infliggere a un giovane rampollo aristocratico di rango sociale più elevato al proprio; come leggete anche al link Wikipedia, una probabile leggenda più che una realtà storica, ma indubbiamente gravida di squisite potenzialità narrative morbosissime, inpiegabilmente poco sfruttate sinora sia in cinema che in letteratura (di recente, solo George R. R. Martin li ha inseriti nelle sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco). Quindi ci godiamo una vena horror colta e ricca di riferimenti iconografici alti, appunto come quella che traspare dai racconti letterari pubblicati quest’anno da Argento. Con in più una decisa sterzata erotica sadomaso, mai apparsa così esplicita nei suoi film: una componente che per esempio viene a galla anche nel racconto “suspiriano” Le segrete di Merano della citata raccolta, lì in una chiave più pedofila (come evidenziato nella recensione).
Un’osservazione che ci muove altri stimolanti quesiti: primo fra tutti, se questi che leggiamo ora in edicola/libreria sono soggetti sviluppati ad hoc ora o invece abbozzati per film che non vedremo mai e, se così fosse, se la ragione risieda appunto nel timore che certe situazioni risultassero inaccettabili pur nel provocante clima del giallo italiano degli anni ’70 (o lo risultino ora in quello prudentissimo attuale): “Beh, rispetto a quei film, la storia attuale per esempio ha l’originalità di scartare l’allora inesorabile mattanza di belle ragazze poco vestite”, dice Roi, ma chiaramente la risposta non ci sazia su un regista che ha focalizzato sulla propria opera ben tre dossier successivi di Nocturno. Forse sarebbe il momento di parlare direttamente con l’interessato, anche perché i racconti del Maestro, sia quelli letterari che questo fumettistico, sfoggiano un immaginario lussureggiante e anche originale rispetto ai suoi film (e non solo sul versante erotico): siamo al nadir di una nuova svolta (anche) cinematografica o invece ad un progressivo abbandono del cinema per mezzi espressivi che garantiscono maggior libertà espressiva senza vincoli di budget?
Concludiamo segnalandovi l’interessante collegamento che Bonelli ci preannuncia all’orizzonte fra le due testate qui riunite dai disegno di Corrado Roi: infatti, il 23 novembre è prevista l’uscita di uno speciale in cui il cacciatore di serial killer dlla mascherina nera collaborerà con lo storico indagatore dell’incubo in un’oscura vicenda londinese scritta da Claudio Chiaverotti (papà di Morgan Lost) e disegnata stavolta da Val Romeo, come leggete a questo link.