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Strappare lungo i bordi

2021
REGIA:
Zerocalcare
CAST:
Zerocalcare (doppiato da se stesso)
Armadillo (voce di Valerio Mastandrea)

Il nostro giudizio

Strappare lungo i bordi è una serie tv del 2021, ideata da Zerocalcare.

“Stacce!” è il mantra, la pietra filosofare, stoicamente intesa, che assiste l’intera vicenda narrata da Michele Rech, Zerocalcare, nella sua nuova serie tv, Strappare lungo i bordi, ideata e scritta per Netfix e disponibile da ieri, 17 novembre, sulla piattaforma. Strappare lungo i bordi è la storia di una presa di coscienza: non ha alcun senso comprare un paio di scarpe nuove se, per non rovinarle, le teniamo chiuse in una scatola. Perché la vita è fatta così: ti squarcia, ti consuma, ti sporca, di “strappa” anche quando fai di tutto per non lascarti influenzare da ciò che hai attorno. Perché, alle fine, anche un foglio di carta perfettamente conservato si sgualcisce. L’atarassia stoica di voler a tutti costi preservarsi è ciò che Zerocalcare ammonisce. E lo fa magistralmente, assegnando, ancora una volta, il gravoso compito a Zero, protagonista assoluto, voce narrante interna alla storia, mamma Lady-Cocca, Sara, Secco, l’Armadillo; e, ancora una volta, ricorrendo alla sua dirompente e inconfondibile grammatica. Perché, diciamolo, esiste la “Grammatica di Zero” che si erge su una catena di ricordi remoti e vicini, su aneddoti efficaci, saccheggiando con costanza e premura tutto ciò che può dalla quotidianità della vita, che rende il suo racconto il racconto di tutti. Zeroclacare, strappando lungo i bordi, inizia la sua storia con il solito cleuasmo mediante il quale si lancia in un esercizio di umiltà, ma non c’è alcun dubbio che sia assolutamente consapevole del suo talento.

Zero, Sara e Secco partono alla volta di una meta ignota che lo spettatore sarà autorizzato a conoscere solo con l’approssimarsi della fine. Ma, a chi assiste, di arrivare alla fine importa il giusto, perché la storia di Zerocalcare è come un bambino che si diverte a gonfiare palloncini di Big-Babol, uno dentro l’altro, così che ogni dettaglio e racconto si incastrino perfettamente costringendo chi guarda a piegarsi in due dalle risate e, prima che se ne renda conto, a ritrovarsi in un fiume di lacrime di commozione. Le digressioni accompagnano lo spettatore al finale e l’autore che, in realtà, i tempi comici li conosce benissimo, non ha paura di prendersi del tempo, grazie alle sue divagazioni non arriviamo al finale in ritardo, ci arriviamo “pronti”. Aldilà degli spunti di riflessione, dell’originalità icastica, dell’ironia rafforzata da un accento romano  vivace e crudo (anche in questo Michele Rech non si tradisce) c’è la risata amara di un racconto che non è mai fine a se stesso, ma che lascia sempre qualcosa su cui indagare. Zerocalcare da fiato alle trombe i cui echi raggiungono le corde della coscienza di chiunque, con leggerezza e genialità.

E, infondo, chi, dopo ieri, potrà affermare con assoluta certezza che in quell’esatto momento lì, durante il dormiveglia, non sentirà la voce di Valerio Mastandrea con la faccia di armadillo, che sussurra: “nun to’ meriti de dormì, perché nun te sei lavato i denti stasera!”? La stessa voce che ignoreremo quando, in cassa, al supermercato, con il carrello delle provviste per il bunker che stiamo costruendo in attesa della fine del mondo, ci ammonirà perché stiamo fingendo di non vedere quello dietro di noi che stringe tra le braccia una sola bottiglia di latte fissando il pavimento nel tentativo di solleticare la nostra tenerezza e convincerci a cedergli il nostro posto. La forza dell’incensurata schiettezza di Zerocalcare risiede nel farci sentire meno “pezzi di fango” e che ci fa capire che, in fondo, aldilà di quello che potremmo fare in più, per noi e per gli altri, siamo solo dei semplici fili di erba che scrosciano al vento. O forse abbiamo un ruolo nella vita di ogni persona in cui ci imbattiamo? Forse si, forse no. Ipso facto, quello che ci insegna Strappare lungo i bordi è che, indipendentemente dal peso delle nostre responsabilità, a volte, basta, semplicemente, ritrovarsi di fronte al calore di un fuoco accesso accanto a un’amica che sa quand’è il momento di darti una sberla per farti tornare in te e a un amico a cui basta un cono di gelato e la tua compagnia per essere felice. Perché in fondo la vita è questa e noi non possiamo far altro che “stacce” senza rinunciare al nostro “inalienabile diritto alla lagna”.