Pedro Páramo
2024
Pedro Páramo è un film del 2024, diretto da Rodrigo Prieto.
Quando si discute di cinema c’è un aspetto sul quale si concorda quasi sempre: se un film è tratto da un libro, un fumetto, un videogioco, una pièce teatrale, per giudicarlo bisogna prendere le distanze dall’opera originale. Ecco, a volte non è così facile. Pedro Páramo di Juan Rulfo, pubblicato per la prima volta nel 1955, è uno dei libri più importanti per tutta la letteratura latino-americana: tra i capostipiti del “realismo magico”, oltre che grande ispirazione per Gabriel García Márquez. Quindi, inevitabilmente, il film di Rodrigo Prieto si porta dietro un carico bello pesante. Seconda trasposizione del capolavoro di Rulfo dopo la pellicola del ‘66 (alla cui sceneggiatura partecipò anche lo stesso Márquez), il film parla di Juan Preciado (Tenoch Huerta Mejia), un uomo che promette alla madre in punto di morte di tornare a Comala, loro paese di origine, per conoscere suo padre Pedro Páramo (Manuel Garcia-Rulfo, un nome quasi profetico). Una volta arrivato Juan si rende conto che Comala è un paese morto, abitato solo da echi e fantasmi di una popolazione oppressa proprio da Pedro, anche lui deceduto ormai da tempo. Rimanendo fedele al libro, il film non segue le narrazioni tradizionali: la struttura in tre atti salta, la cronologia degli eventi viene frammentata in un costante mescolare presente e passato.
Così Comala prende vita e Pedro Páramo trova un volto solo attraverso ricordi e racconti, reminiscenze malinconiche o spettrali confessioni di una serie di voci che non hanno ancora lasciato il paese. Anche il percorso di evoluzione del protagonista viene rispettato in parte. A metà del film infatti, Juan passa dal ruolo di protagonista a quello di semplice spettatore dell’inevitabile destino di Pedro Páramo, reale perno attorno cui ruotano tutti i fatti della storia. Prieto rispetta la struttura originale, prendendo libro senza però copiarlo shot by shot. Anche la scelta degli attori è azzeccata, sembra davvero di vedere i personaggi di Rulfo proiettai sullo schermo. La cura messa nei personaggi secondari (importantissimi per la trama) mostra tutto l’amore del regista per la materia trattata. Il problema del film però si nasconde nell’atmosfera. Nella prima parte Prieto dà luogo a un’ambientazione stregata e sospesa nel tempo che riesce a trasmettere la sensazione di limbo propria di Comala. Si respira la morte mentre gli echi e i drammi irrisolti degli abitanti del paese avvolgono tanto Juan quanto lo spettatore. Nella seconda parte, invece, tutto il realismo magico si perde. La parabola distruttiva e autodistruttiva di Pedro Páramo viene alla luce sempre saltando da un piano temporale a un altro ma con un taglio molto più classico.
Fatta eccezione per la scena dei ribelli, potrebbe benissimo essere un qualunque film drammatico in costume, in cui il cattivo proprietario terriero viene punito dalla legge del contrappasso per le sue azioni crudeli. L’aura dei fantasmi personali di Pedro Páramo manca proprio di forza. Causa importante sicuramente anche la fotografia di Prieto. Il neo regista ha dimostrato negli anni di essere un eccellente DOP (basti ricordare le sue collaborazioni con Scorsese e Iñárritu), e anche qui sul piano tecnico non si smentisce: le scene notturne sono magnifiche e inquietanti, ma nelle scene diurne questa sua fotografia così pulita, naturalistica risulta sì molto curata ma poco espressiva. Non riesce né a elevare l’irrealtà eterea del ricordo di una Comala ancora viva, né la natura apocalittica di Páramo. Uno stile così realista, con i suoi colori naturali, non si sposa molto con l’atmosfera surreale e sospesa dell’opera. Per tirare le somme Pedro Páramo rimane un buon film, curato e rispettoso dell’opera originale, mantenendo comunque una sua identità filmica. Al netto di qualche difetto stilistico nella seconda parte, resta un ottimo esordio alla regia per Rodrigo Prieto, a cui auguriamo di portare sullo schermo altre perle della cultura sudamericana in futuro.