La petite mort

I cinquant'anni di Ultimo tango a Parigi
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Come spesso accade con ciò che è proibito, Ultimo tango a Parigi, sin dal suo esordio era destinato a suscitare una grande curiosità, a esercitare un forte fascino e inevitabilmente a dividere la critica. Il 30 Ottobre del 1972 la commissione censura negò il nulla osta per la proiezione in pubblico della pellicola e impose un taglio di 8 secondi sul girato, la riduzione della scena del burro e la modifica di una frase in sceneggiatura: il regista inizialmente rifiutò, ma infine accettò di effettuare i cambiamenti richiesti. Ebbene, non fu sufficiente nemmeno questa concessione: il 30 dicembre del 1972 Ultimo tango a Parigi venne sequestrato per ‘esasperato pansessualismo fine a se stesso’. Nel 1976 ogni copia della pellicola, salvo quella originale, venne simbolicamente distrutta e sia Alberto Grimaldi sia Bernardo Bertolucci vennero privati dei diritti civili per cinque anni. Dovettero passare dieci anni affinchè, nel 1986, il film venisse prosciolto dalle accuse di oscenità che gli erano state mosse e venisse quindi ridistribuito per la proiezione nelle sale italiane. Lo scalpore che aveva suscitato una censura così severa portò ad una curiosità elevata nei confronti dell’opera e così le sale si riempirono al punto da farlo diventare il prodotto italiano più visto al cinema con 14 milioni di spettatori. L’idea, come racconta lo stesso regista, gli venne in seguito ad un sogno che fece la sera dopo la prima de Il conformista a Parigi: un uomo e una donna si incontrano in un appartamento parigino e senza sapere niente l’uno dell’altra fanno l’amore. Dopo varie proposte la scelta degli attori ricadde su Marlon Brando, che aveva da poco ultimato le riprese de Il padrino, e su una giovanissima Maria Schneider. Prima ancora di cominciare le riprese Bertolucci condusse parte della sua troupe, tra cui Brando, il direttore della fotografia Vittorio Storaro e lo scenografo Ferdinando Scarfiotti a una mostra di Francis Bacon, di cui inserisce due opere nei titoli di testa: i corpi raffigurati che trasudano angoscia e dolore, sia in quanto a colori sia in quanto a fattezze, sono stati il motore dello stile cinematografico del regista e anticipano le sorti dei personaggi, impegnati in questo rituale di conoscenza primitiva ed essenziale che attraverso i corpi comunicano senza sosta.

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I due protagonisti rappresentano la dialettica tra vita e morte e tra giovinezza ed età adulta, tra desiderio e resa, tra formalità e istinto. Paul, interpretato da Marlon Brando, è un uomo di 48 anni che tenta di superare il suicidio della moglie attraverso un viaggio a ritroso dentro la vita, per giungere infine alla propria morte in una posizione fetale che ricorda quasi un atto di nascita, come se la morte stessa fosse per lui un’occasione di purezza ed espiazione. Allo stesso tempo la protagonista Jeanne, giovane ma in età da matrimonio, cerca di vivere quest’esperienza slegandosi dalle sue convinzioni borghesi, obbligata anche dalla volontà dell’uomo che esige, fino a poco prima della conclusione, una segretezza totale su tutto ciò che li riguarda al di fuori dell’appartamento. L’incontro, che viene preannunciato da un raccordo di sguardi che si incrociano poco fuori dall’abitazione, è assolutamente atipico e anticonvenzionale. Non ci sono né cordialità né buone maniere da parte dell’uomo, il che stranisce non poco lo spirito borghese della giovane donna, che tuttavia si abbandona al gioco di seduzione. L’orchestrazione delle luci anticipa molto della caratterizzazione dei personaggi: quando Jeanne entra nell’appartamento buio si dirige subito verso la finestra per farvi entrare la luce del sole e solo allora si accorge della figura dell’uomo. Paul si dilegua dalla fonte luminosa e si rifugia nella stanza attigua, dove però poco dopo la donna entra e nuovamente va verso la serranda chiusa per illuminare l’ambiente; l’alternanza di ombra e luce è la prima dicotomia che tratteggia la coppia. Ma è soprattutto la scenografia a creare un ritratto fedele dell’interiorità dei personaggi: Scarfiotti, prendendo come punto di partenza i ritratti di Bacon, ha riprodotto ambienti interni che rimandano a una situazione onirica, come si può evincere dalla moquette rossa che ricopre il pavimento dell’appartamento, ma che in qualche modo può ricordare anche le viscere del corpo umano per i colori intensi e scuri, ombrati.

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Le tinte rosse e arancioni che dominano il film sono un segno caratteristico della passione e dell’intensità emotiva dei protagonisti, spesso affiancati da oggetti che li descrivono ulteriormente: il cappello che la Schneider indossa durante il loro primo incontro e con il quale si nasconde il viso, come a volersi proteggere, oppure quello che apparteneva al padre militare di lei e che Brando, nella scena finale, si appoggia sul capo per ridicolizzare quella figura tanto mitizzata dalla donna. Il materasso sgualcito al centro della stanza rappresenta in qualche modo la condizione primitiva a cui si sottopongono l’uomo e la donna tra le mura di quella casa e quel grande lenzuolo bianco, spettro del passato di entrambi, rimarrà un punto fermo e inquietante nell’arredamento della scena per più di metà pellicola. Particolarmente emblematica a livello scenografico risulta anche la sequenza in cui Paul incontra l’amante della moglie morta suicida, andando a trovarlo nella sua camera d’albergo e scoprendo che la donna aveva arredato l’ambiente riproducendo quello della casa coniugale. Ogni dettaglio ha un rimando simbolico a un aspetto irrisolto della vita dei personaggi, soprattutto di Paul e del suo recente passato traumatico. La presenza di specchi e di vetri smerigliati sia nell’appartamento, sia nell’androne di casa e ancora nella sala dell’ultimo tango enfatizzano la frammentarietà delle due personalità e della realtà stessa, spesso impossibile da guardare con occhio oggettivo: i riflessi e le ombre che queste pareti rimandano forniscono allo spettatore la sensazione di mancanza, incompiutezza e solitudine. Ed è proprio la solitudine in un certo senso il tema del film: lo stesso regista spiegò quanto questo aspetto fosse centrale e determinante per la comprensione dell’opera.

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Ciò che spinge l’uomo e la donna a una conoscenza istintuale, passionale e in completo anonimato è un’insoddisfazione nei confronti della vita, un’irrisolutezza che porta a un senso di abbandono profondo che si esplica per Paul con il senso di colpa nei confronti della moglie e per Jeanne nel ricordo del padre morto ad Algeri. La condanna alla solitudine viene esorcizzata con il rapporto sessuale, che crea unità per poi tornare a separare, a dividere e a disconoscere. Nella scena soggetta a censura è ripreso il primo rapporto della coppia che si conclude con l’amplesso della donna, rigorosamente tagliato per non offendere il comune sentimento del pudore. I due personaggi, su richiesta del regista, terminano la scena sdraiati sul pavimento e la donna rotola via dall’uomo richiudendosi in una posizione fetale che, come detto in precedenza, sarà la stessa posizione assunta da Brando in punto di morte. Questo film, in conclusione, in quanto manifesto di una sessualità senza filtri, non dev’essere considerato un prodotto cinematografico erotico, come invece venne etichettato dalla critica, ma, riprendendo alcune parole che il regista utilizzò proprio in difesa di queste accuse di eccessiva mostrazione dell’aspetto sessuale, dovrebbe essere interpretato come un film sull’erotismo, ovvero sul valore che quest’ultimo assume all’interno dell’inconscio di due persone che mettono a disposizione l’uno all’altro nient’altro che non sia il loro corpo e la loro fantasia. Il sesso viene ripreso dalla macchina da presa come atto di sofferenza e disperazione, mai come puro godimento: c’è un ampio aspetto psicologico che emerge dalla ripresa dei rapporti e dalla modalità con cui vengono consumati. E poi quell’ultimo tango su una pista da ballo coperta da sguardi indignati per quei corpi disinibiti: una danza che vuol simboleggiare il loro ultimo amplesso e la resa di Paul alle congetture sociali e che Bertolucci definisce ‘ultimo ballo della sua solitudine caotica, la sua ultima difesa’, difesa che però non lo protegge dal colpo di pistola che la sua Jeanne gli riserva dopo averglirivelato finalmente in un sussurro il suo nome.