Gypsy
2017
Gypsy è una serie tv del 2017, ideata da Lisa Rubin per Netflix
Unica e indiscussa protagonista di Gypsy è Jean Holloway, interpretata da un’impeccabile Naomi Watts alle prese con un personaggio complesso e inaccessibile. Jean è una psicoterapeuta sulla quarantina, moglie e madre inappagata e alla ricerca di una vita che non le appartiene. Del suo passato conosciamo poco, ma è intellegibile, fin dal primo episodio, la sua brama di fuga dall’ordinarietà. La sua terapia è “terapizzare”: attraverso le storie dei pazienti, realizza la sua escape. Trasgredendo le regole della psicoanalisi, interviene infatti nell’esistenza dei suoi pazienti, e come un transfert inverso, si lascia travolgere dalle persone vicine ad essi, dalle emozioni che provano. Antieroina: egocentrica, mendace, immatura, sociopatica, insoddisfatta, inconcludente, irrisolta, al limite dell’egotismo. La sua vita è un boomerang: più tenta di respingere la sua perfetta storia da housewife in carriera, più la sua ordinarietà la insegue intercettando la possibilità di essere chi vuole davvero. Contro le interpretazioni dei moralisti che la definiscono “l’ennesima serie che mira a catalizzare interessi voyeuristici”, si potrebbe accennare all’anacronismo della censura e al bigottismo di chi parla di scopofilia solo perché un marito è attratto dalla sua segretaria e una moglie da una barista ventenne più giovane di lei. Non si può pretendere censura da una serie fondata proprio sull’annientamento degli stereotipi e del conformismo del senso comune.
Il dissidio interiore è il tema di Gypsy; l’incensurabilità della mente umana la traccia. La sintesi è l’incapacità di riuscire a vincere definitivamente ataviche e animalesche pulsioni che (per quanto lo neghino) anche i perbenisti avvertono. Jean non è una semplice borghesuccia annoiata dal suo agio, non è una donna frazionata tra casa e lavoro, non è una moglie stanca della vita coniugale e in cerca di emozioni travolgenti; Jean è la raffigurazione di un sinuoso, seducente e inagibile subconscio. Gypsy è il disegno scontornato degli stimoli più reconditi che colpiscono la mente e il desiderio umano. Tutto è frutto di un processo di rimozione fallimentare su cui la protagonista non esercita più alcun controllo: i suoi sogni, i suoi tormenti, i pensieri inenarrabili, tutto ciò che nella vita di chi ha interiorizzato e sedimentato principi morali e moralistici, grazie ad un abile ed eticamente orientato Super-Ego, viene tenuto a bada, in Jean ha un seguito.
La Rubin, con accenni efficaci al passato della psicoterapeuta, ci lascia intuire che la vita di Jean è da sempre stata impresa volta a sdoganare costrutti e stereotipi sociali. La stessa attrazione per Sidney (Sophie Cookson) è una sorta di complesso di castrazione freudiano rivisitato: Jean, inibita dalla vita suburbana, è irrazionalmente attratta da Sidney, giovane donna, seducente, irriverente, sregolata che addenta la vita e vive ogni emozione con coraggio e disinvoltura; questo è ciò che Jean le invidia: la licenziosità di assecondarsi. Jean Holloway è Tyler Durden e Naomi Watts è, al contempo, Brad Pitt e Edward Norton, ma inutile illudersi, Jean non creerà un Fight Club e la serie manterrà ritmi distesi perché Gypsy non ha la pretesa di essere una serie tv avvincente; è come un cane che si morde la coda, un viaggio nelle mente umana incastrata in una languida oscillazione tra serpentini stimoli che impattano dall’esterno e indicibili pensieri che attendono di essere risolti.