Rebecca
2020
Rebecca è un film del 2020 diretto da Ben Wheatley.
Dopo essersi conosciuti a Monte Carlo, il vedovo Mixim de Winter (Armie Hammer) e la sua nuova, giovane sposa (Lily James) si spostano sulla costa inglese, a Manderley, l’imponente tenuta della famiglia de Winter. La loro splendida storia d’amore è però tormentata dall’ombra di Rebecca, la prima moglie di Maxim, la cui eredità morbosa è alimentata dalla governante di Manderley, la signora Danvers (Kristin Scott Thomas), figura sfuggente e inquietante. Potremmo considerare Rebecca come un remake, oppure come una nuova trasposizione dello stesso romanzo. Ma in fondo, poco importa: quando il precedente cinematografico è di tale statura, sorge spontaneo un confronto tra il vecchio e il nuovo, così come la signora de Winter deve confrontarsi con la splendida e amatissima Rebecca. Il precedente cinematografico è ovviamente Rebecca – La prima moglie di Alfred Hitchcock, datato 1940, mentre il nuovo adattamento è affidato nelle mani di Ben Wheatley (Kill List, The ABC’s of Death).
Ma tra le diverse versioni per la televisione e ben tre film indiani con la stessa trama (Kohraa del ’64, Naina del ’73 e Anemika: The Untold Story del 2008), Ben Wheatley non è certo il primo a imbarcarsi in questa sfida. Nell’ultima versione targata Netflix, salta subito all’occhio una certa velocità di narrazione, con il montaggio rapido, e la macchina da presa in costante movimento che corre su tanti dettagli ignorati da Hitchcock. In particolare, la prima parte del racconto, quella concentrata sulla storia d’amore tra i due protagonisti, è più gonfiata, stucchevole e dettagliata del necessario. E se una certa attenzione al dettaglio è palpabile nel delineare momenti romantici e spettacolari, la stessa cura viene a mancare del tutto riguardo la psicologia dei personaggi: la nuova signora de Winter passa dal guadagnare novanta sterline l’anno come dama di compagnia ad avere decine di domestici al suo servizio, senza che questo muova in lei il minimo imbarazzo. Un’altra sfumatura che permea l’intero racconto è un gusto smaccatamente moderno per il passato.
Basta riguardare il classico di Hitchcock per accorgersi delle differenze estetiche più significative nella rappresentazione degli anni ’30: gli abiti eleganti della signora de Winter sono in linea con quegli anni, ma oggi sortiscono effetti diversi rispetto ad allora. Figli del loro tempo, ci appaiono oggi più stravaganti che raffinati. I vestiti di donna, in Rebecca di Wheatley, sono invece squisitamente demodé: non rispettano a pieno il tempo di riferimento, ma piuttosto l’idea contemporanea di quel tempo passato. E lo stesso vale per l’acconciatura di Lily James, che con i suoi capelli lisci sostituisce i boccoli di Joan Fontaine. Il gusto commerciale e rivisitato per l’Inghilterra di fine anni ’30 e la patinatura da drammone sentimentale potranno forse conquistare qualche abbonato di Netflix, ma non certo gli amanti della suspense hitcockiana. Il nuovo adattamento del romanzo di Daphne Du Maurier è un polpettone difficile da digerire, adeguato agli anni ’30 solo per l’approccio edulcorato e appena accennato alla sessualità, così noioso e vuoto da rispettare alla lettera un unico insegnamento del maestro Hitchcock: “Always make the audience suffer as much as possible.”