What Did Jack Do?
2017
What Did Jack Do? è un cortometraggio del 2017, diretto da David Lynch.
Quando un artista come David Lynch – genio indiscusso del cinema dagli anni Settanta a oggi – si mette dietro la macchina da presa, crea sempre grandi aspettative, puntualmente rispettate: che si tratti di un lungometraggio (l’ultimo risale al 2006, Inland Empire), di una serie-tv (la terza stagione di Twin Peaks, del 2017) o di un cortometraggio, poco importa, poiché l’Arte permea le sue opere a prescindere da lunghezza o tipologia. Distribuito su Netflix lo scorso gennaio, è finalmente visibile a tutti – dopo vari passaggi in festival internazionali – il corto What Did Jack Do?, realizzato nel 2017: in soli 17 minuti, Lynch è in grado di condensare buona parte delle atmosfere oniriche, grottesche e surrealiste che hanno reso il suo cinema un autentico e inconfondibile marchio di fabbrica. Perché quello di Lynch, prima ancora che un cinema, è un Universo che si dipana tanto nel lungometraggio quanto nel corto (genere da lui sperimentato fin dagli anni Sessanta), tanto in sala quanto in televisione. La trama di What Did Jack Do? – scritto e montato dallo stesso regista – è riassunta nella domanda del titolo (che cosa ha fatto Jack?): protagonista è proprio Lynch nei panni di un detective che, nella saletta di una stazione ferroviaria, interroga la scimmietta Jack su un omicidio di cui l’animale è accusato – per amore di una gallina, Toototabon, avrebbe ucciso il suo amante Max, probabilmente un gallo. L’interrogatorio si evolve in discorsi deliranti, per cui la domanda del titolo è destinata naturalmente a non trovare risposta.
L’antropomorfizzazione degli animali non è nuova nel suo cinema – ricordiamo i conigli che si comportano come umani nei corti per la tv Rabbits, poi parzialmente confluiti in Inland Empire. E del resto, è chiaro fin da questo breve riassunto della trama come a Lynch non importi nulla di costruire una vicenda logica: ma quando mai gliene è importato, se persino in Velluto blu – il suo film più classico e lineare (si fa per dire) – mette in scena a un certo punto un morto ammazzato che sta in piedi? La razionalità esula dal mondo di David Lynch: dove iniziano i suoi film, finisce la ragione, e si aprono porte su mondi sconosciuti – l’universo del sogno e dell’incubo, l’impossibile che diventa possibile, il mostruoso, il surrealismo estremo, il grottesco, il perturbante, le frasi criptiche riferite al mondo mistico e trascendentale. Lynch è un po’, mutatis mutandis, come Fellini, un altro regista che ha fatto del sogno un’arte: non va capito, ma va semplicemente vissuto, e anche interpretarlo diventa un’impresa ardua. Pure film che partono da una struttura giallo/noir quali Strade perdute o Mulholland Drive finiscono per evolversi in nastri di Moebius inestricabili; tanto più troviamo l’estremizzazione dell’assurdo e la perdita di senso in film come Eraserhead o appunto What Did Jack Do?, un cortometraggio dove il meccanismo giallo è solo un pretesto per mettere in scena una grande allucinazione. La citazione di Eraserhead non è casuale, poiché l’opera in esame sembra riprendere nello specifico quelle atmosfere, tanto nella forma (la fotografia in un bianco e nero molto contrastato fra luci e ombre) quanto nella sostanza (il nonsense assoluto) e nelle atmosfere (ci troviamo in una sorta di non-luogo).
Dal punto di vista del linguaggio cinematografico, il suo nuovo film è semplice, essenziale, scarno: quasi tutto il corto è basato sul montaggio dei campi e controcampi della scimmietta e del detective, che soltanto in un’inquadratura iniziale compaiono insieme, e il dialogo è interrotto solo dal breve arrivo di una cameriera e dall’entrata in scena finale della gallina; anche l’ambientazione è minimalista e desolata, una stanza semi-spoglia resa ancora più straniante dal bianco e nero. Lo sguardo del detective è ipnotico, mentre il primate (che si è scoperto essere il Marcel del popolare telefilm Friends) è deformato attraverso la tecnica del deepfake, per cui al viso della scimmia è stato sovrapposta digitalmente la bocca dello stesso Lynch: l’effetto è caricaturale, perturbante, mostruoso nell’accezione latina di monstrum, un altro tratto squisitamente lynchiano – il regista ha spesso rappresentato corpi brutti e deformi, dai mostri fantastici di Eraserhead e Dune alla creatura tristemente realistica di The Elephant Man, fino alle maschere grottesche che compaiono in Twin Peaks e in tutti i suoi film. Di fatto, What Did Jack Do? è un beckettiano Aspettando Godot dove non accade nulla: i dialoghi passano dai tentativi di ricostruzione del delitto ai discorsi sul poker e sul comunismo, dai racconti fantastici alla canzone intonata da Jack, fino a linguaggi criptati di fronte a cui la ragione deve fermarsi. Ben calibrato nella durata, What Did Jack Do? trasuda il cinema e il mondo di Lynch dalla prima all’ultima inquadratura: un grande sogno o incubo, un’allucinazione, un viaggio lisergico e onirico in un mondo surreale che disturba e al contempo affascina.