Vivere l’orrore – 10 film di donne davanti al baratro
La selezione di Nocturno
La figura femminile è legata all’horror sin dai primordi del genere: la donna è preda. Lo è Ellen con Nosferatu, lo è Marion Crane con Norman Bates. È stato scritto materiale estremamente interessante su questo tema, tra tutti il saggio Men, Women and Chain Saws di Carol J. Clover. Ed in effetti l’uso è successivamente diventato norma, con l’archetipo moderno della final girl a rappresentare l’ultima residua speranza contro l’Ombra. Purezza contro malvagità. È invece materiale più odierno la riflessione sulla violenza di genere: ci siamo finalmente resi conto che Michael Myers, Jason Vorhees e altre entità emerse dalle tenebre hanno da sempre avuto dei corrispettivi più umani, molto umani. Abbiamo aperto gli occhi sull’orrore reale, conoscendo storie di abuso, di sottomissione, di traumi. Violenze a cui si reagisce o ci si arrende. Contemporaneamente ai mostri, il cinema si è focalizzato su queste storie, concedendo alle vittime la ribalta più eclatante: la metamorfosi da agnello sacrificale ad angelo vendicatore. È nato il rape & revenge, sottogenere catartico e consolatorio. Non è tuttavia intenzione di chi scrive ridursi e limitarsi a questo solo ambito. Da uomo che si concede il diritto di parlare di temi di questa portata, è sicuramente più giusto raccontare tutta la storia, tutti gli aspetti, intrinsechi ed estrinsechi, che riguardano la femminilità violata (non solo fisicamente), di modo da dare il giusto peso e risalto alla forza, alla determinazione, ma anche alla fragilità e alla sensibilità che le donne ogni giorno ci insegnano. Dieci film di donne davanti al baratro, dunque, potenti e impressionanti per il semplice fatto di aver raccontato la realtà.
1. Repulsion (1965) di Roman Polanski
Non è certamente il momento migliore per associare Monsieur Polanski alla tematica. Eppure la Carole interpretata da Catherine Deneuve è un perfetto esempio di cosa veramente implica la paura dell’altro. Troppo sbrigativo etichettarla come pazza, paranoica, sociopatica o schizofrenica: non conosciamo l’episodio scatenante, ma possiamo vedere attraverso i suoi occhi che progressivamente cadono nell’allucinazione. I volti che lei incontra per strada sono imperfetti, alle volte brutti: ghigni inquietanti e gesti viscidi. Le mani che la afferrano e le strappano i vestiti sono l’acme di un terrore che lei ha fatto crescere dentro di sé e che nessuno al mondo le ha cancellato dalla mente.
2. Lo strano vizio della signora Wardh (1971) di Sergio Martino
“Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave”: “Tu sei mia e di nessun altro”, solo in forma più aulica. Julie oggi sarebbe un caso da manuale, forse anche poco compreso: perseguitata e vittima impotente del flusso degli eventi, mentre noi percepiamo lo sguardo misterioso che si posa su di lei. Terrorizzata ma viva, tra i brividi che le percorrono la schiena si concede anche il calore della passione e dell’amore che la fa sentire più protetta. Come ci si può non abbandonare alle cure del cacciatore quando là fuori c’è un lupo?
3. Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) di Brian De Palma
Inizia con il primo flusso mestruale la storia della straordinaria Carrie White: un evento cruciale che viene divorato dall’insensibilità dei bulli e dal fondamentalismo religioso della madre. La prima looser di Stephen King, la più fragile di tutti, ha però un dono: laddove è costretta, può liberarsi con la forza della sua mente. È diversa, timorosa nel relazionarsi con gli altri, ma anche dolce, di una bellezza cristallina a cui Sissy Spacek ha dato magnificamente corpo. Colpita nella sua essenza di giovane donna che vuole finalmente vivere e poter camminare a testa alta, sarà portata a reagire con la stessa violenza che le è stata inflitta, e no, non è un’esagerazione.
4. Amer (2009) di Helene Cattet e Bruno Forzani
Opera prima, tripartita, di una coppia di registi belgi che finora ha regalato solo meraviglie. Infanzia, adolescenza e età adulta di Ana: due indizi e la prova. In un continuo omaggio al cinema argentiano, vediamo la nostra protagonista crescere, sbocciare, sentire (nel senso di “provare sensazioni”) tra i fantasmi veri e immaginari di una casa immersa nel buio, tra gli sguardi di rimprovero della madre e quelli concupiscenti degli estranei. Storia di una mente e di un corpo che acquistano consapevolezza e al contempo sprofondano in un inquietante stream of consciousness a cui seguiranno eguali atti.
5. The Woman (2011) di Lucky McKee
La donna primitiva catturata, imprigionata e seviziata dall’uomo bianco “civilizzato”: storia antica di conquiste coloniali a giro per il mondo stavolta racchiusa nello scantinato della famiglia Cleek, di cui conosciamo da subito i vomitevoli e misogini membri maschi. Ma conosciamo anche lei, sappiamo di cosa è capace se qualcuno le si avvicina troppo: attendiamo spasmodicamente il momento in cui le saranno tolte le catene e potrà liberare la sua furia ferina. Ma anche insegnare, a modo suo, cosa implica essere una famiglia, con lo sguardo di una madre leonessa che accudisce i suoi cuccioli e veglia su di loro.
6. Guilty of Romance (2011) di Sion Sono
Izumi è prigioniera di una routine domestica e di un matrimonio che non la soddisfano. Vuole assaporare la vita, come fa Mitsuko, sua guida in una nuova esistenza alla ricerca di sé e del sé. Ecco però che la libertà e il piacere di un corpo che finalmente si esprime si trasformano presto in un circolo vizioso di violenza e perversione. L’estremo come ultimo stadio di una condizione senza uscita: essere sottomesse ed umiliate è invece l’eterno ritorno.
7. Elle (2016) di Paul Verhoeven
Quello che succede a Michelle, una notte a casa sua, potrebbe scatenare una serie di eventi molto precisa e prevedibile. Invece, per questa donna estremamente distaccata, subire una violenza sembra rappresentare uno spiacevole incidente di percorso, un’anomalia a cui porre rimedio riprendendo immediatamente il controllo della vita. E quindi esercitare il potere che, per un breve lasso di tempo, le è stato tolto. Isabelle Huppert è glaciale e risoluta, imprevedibile in quello che è il suo vero piano di rivalsa: una ricerca che non si esaurirà a pochi semplicissimi step.
8. Revenge (2017) di Coralie Fargeat
Non c’è niente in Jen che non le faccia avere i crismi della vittima per eccellenza. Vista come la classica donna-oggetto, bella quanto ingenua, facilmente manipolabile. È questo, d’altronde, il pensiero di tutti gli abusatori: cosa potrà mai farci una così? Pensano di potersela mangiare in un sol boccone, e forse hanno ragione. Perché ciò che riemerge dal burrone è un’entità altra: una Furia che al sangue pretende il pagamento di altro sangue, una belva ferita che, imbizzarrita, comincia la caccia al cacciatore. Matilda Lutz è stupenda nel restituire queste due anime e il massacro è catarsi pura.
9. Unsane (2018) di Steven Soderbergh
Raccontare la persecuzione con l’uso di un solo smartphone. Ci si sente in trappola come Sawyer, assistiamo al suo internamento domandandoci se crederle o meno. Ma alla fine come vengono bollate, oggigiorno, le donne che denunciano delle molestie? Bugiarde o pazze. E quindi, come sempre, non si tratta di mostrare il solito maniaco, ma di mettere alla berlina un intero sistema che, a donne come Sawyer, dovrebbe essere di supporto, e che invece riconsegna Cappuccetto Rosso tra le fauci del lupo. E anche se, alla fine, non finisce divorata, nessuno si occuperà del dolore che provocheranno le cicatrici.
10. The Nightingale (2018) di Jennifer Kent
L’usignolo dal dolce canto costretto a ruggire come un leone. È una storia di colonialismo, questo secondo film di Jennifer Kent, di dominio su un territorio che si esplica anche nella sottomissione di chi è ritenuto inferiore. Difficile sostenere certe sequenze, abbastanza semplice provare l’odio che la nostra protagonista, Claire, riversa sui suoi aguzzini. Ma sulla strada della vendetta ci sono anche dubbi e paure, così come la consapevolezza di non essere sola nell’interminabile selva della discriminazione. Le ingiustizie ed i crimini subiti sono un mal comune che soltanto l’unione degli ultimi della società potrà risanare.