Avengers – Age of Ultron
2015
La prima parola che dice Iron Man è «cazzo». Quando è stata l’ultima volta che ci è capitato di sentire una parolaccia in un cinecomic? E infatti Captain America lo apostrofa: «linguaggio!». Scherza così la squadra Avengers al gran completo, mentre intorno a loro impazza la battaglia contro i rimasugli dell’Hydra. È pressappoco il minuto 2 e il sorriso stampato in faccia di chi non vedeva l’ora di godersi la nuova orgia di supereroi è visibile e raggiante. Le parolacce! Le mazzate! Nuovi poteri! Joss Whedon sta mantenendo la promessa di un grande spettacolone, per di più riuscendo a stemperare quella sensazione PG13 che troppo spesso rovina l’atmosfera. Ma la sensazione, ahimè dura poco.
Dopo anni di duro lavoro nel ricreare l’infinito universo di intrecci dei fumetti Marvel, Whedon è stanco e si sente. La voglia di voler fare un buon lavoro è evidente, sia nella messa in scena sia nella scrittura, ma i vari elementi restano slegati (azione, ironia, relazioni, contrasti, cambiamenti, sconfitte, vittorie), senza mai trovare un vero equilibrio. Dalle battute di Thor, che perde la pomposità divina delle avventure in solitaria per trasformarsi in un gran cazzaro, ai drammi dei due gemelli Quicksilver e Scarlet Witch. Ogni scena resta fine a sé stessa, mai conseguente a ciò che abbiamo visto prima, intendendo anche i capitoli precedenti, cinematografici e televisivi. In The Avengers il superhero pack si era unito e aveva già avuto modo di autodefinirsi “famiglia” (tema tanto caro al nostro Joss), stringendosi nel cordoglio per la morte dell’agente Phil Coulson (sì, è ancora vivo, ma loro non lo sanno) e forgiandosi nella vittoria contro Loki e i chironti (la cosiddetta Battaglia di New York). Ritroviamo ora gli Avengers vittoriosi sull’Hydra che fanno bisboccia (parola di Thor) mentre nell’altra stanza Tony Stark e Bruce Banner hanno inconsapevolmente appena creato un nuovo nemico: Ultron (l’intelligenza artificiale che vuole la pace attraverso l’estinzione, davvero? Siamo ancora lì?). Più il minutaggio sale più aumentano battute di alleggerimento agli spiegoni e spiegoni a interrompere raffiche di simpaticissime gag, mentre il gruppo (che non si era spaccato e poco prima giocava allegramente a chi riusciva a sollevare il Martello di Thor) sembra non essersi mai conosciuto, non aver condiviso nulla, non aver mai lavorato insieme.
Un decisivo passo indietro nell’universo allargato Marvel, ma anche nella riproposizione dei temi cari a Joss Whedon. Del pack si è già detto, ma la vera retromarcia è sulla presenza femminile. Dopo anni super bad ass girl ed eroine contemporanee (Buffy, tanto per citarne una), il caro amico Joss sembra scordarsi di loro, dando alle donne banali ruoli da madre, moglie, sorella e vittima. Anche la Vedova Nera, a cui era stato regalato l’incipit di The Avengers mentre si salvava da sola, qui confesserà il suo dramma (non potere avere figli, davvero? Siamo ancora lì?).
E di quel raggiante sorriso iniziale da fan accanito desideroso di farsi sbattere dalle manone di Hulk, sollevare da Iron Man, schiacciare da Thor, salvare da Captain America, percuotere dalla Vedova Nera e farsi centrare da Occhio di Falco, non rimarrà molto, neanche quando Cap dimenticherà il proprio stesso consiglio sul linguaggio. Joss Whedon è stanco, si sente e lo ha ammesso, abbandonando la saga ad altri. Non fatichiamo a credergli, perché di questo giocattolone fracassone e rutilante, comunque ben fatto e ricco di effetti speciali sbalorditivi, da cui ci aspettavamo il battito alla Whedon, non rimane che la voglia di un disincantato action meno ricco, ma più vero, più vivo e soprattutto più pulsante.