The Ufo Incident
Il film realizzato negli anni Settanta sul rapimento alieno di Barney e Betty Hill
Barney e Betty Hill furono rapiti dall’equipaggio di una nave spaziale aliena la notte tra il 19 e il 20 settembre del 1961. Il termine tecnico è “addotti”, che in italiano suona orribile, pare un semantema burocratese da bassa pratica della ASL, mentre in americano “abducted” con il sostantivo corrispondente, “abduction” – genere neutro, ma in italiano lo usiamo al femminile, forse sbagliando –, ha un’aura fascinosa. Il latino abducere significa portare via, anche rubare. L’addotto, quindi, è uno che è stato portato via, rubato, furato, sequestrato. Spesso e volentieri “dagli ufo”, come si diceva un tempo, usando il contenente per il contenuto. Il caso degli Hill fonda in qualche misura e startizza gli studi sui rapimenti alieni dell’era moderna. È verosimile che anche prima la gente venisse presa e portata a bordo dei veicoli extraterrestri. Prima, però, non lo si sapeva o forse usavano pratiche diverse, gli alieni, per cancellare i ricordi dei rapiti. Qualcuno pensa persino – non una cattiva pensata – che dagli Hill in avanti sia esistita una precisa progettualità per far emergere il “problema”, per fare in modo che se ne parlasse. La Terra era pronta per l’idea. Quel che capitò alla coppia interrazziale dei coniugi Hill, lui nero, 39enne, lei bianca, 42enne, ebbe ripercussioni nell’immaginario collettivo profondissime, non immediate ma alla lunga: anche più profonde del fatto, appunto, che i due sarebbero passati alla storia come i primi esseri umani studiati come cavie, misurati, sondati, ciancicati e sfrucugliati per ogni dove dalle strumentazioni aliene.
Se oggi la stella Zeta della costellazione del Reticolo, nelle teorie ufologiche cospirazioniste, è sempre sulla breccia, lo si deve agli Hill, alla mappa astronomica che fu mostrata a Betty a bordo dell’ufo – alla sua domanda che cosa rappresentasse, l’alieno le rispose: «Non hai la più pallida idea di dove si trovi il tuo sistema solare, che ti dico a fare dove si trova il nostro?»: avevano la battuta pronta, gli extraterrestri – che lei ricordò, disegnò e che venne poi interpretata come “il sistema stellare binario localizzato a 39,2 anni luce dalla Terra, nella costellazione australe del Reticolo, composto da due stelle simili al Sole di quinta magnitudine e separate visualmente tra loro da 310 secondi d’arco” (Wikipedia). La stella Zeta del Reticolo si collega pure agli alieni precipitati a Roswell: è tutto un unico viluppo, dunque… Volendo farsi un’idea, chiara e suggestiva, della storia degli Hill, è consigliabile riferirsi a un film televisivo di Richard A. Colla del 1975, The Ufo Incident – la copia francese che è la migliore in circolazione, con qualità dvd, si intitola La nuit des extraterrestres. Un film assai ben fatto e terrificante. Sul serio. Colla era un regista di estrazione televisiva che sapeva il fatto suo (la gente lo ricorderà soprattutto perché tre anni dopo questo film, nel 1978, diresse Battlestar Galactica. Evidentemente le cose dello spazio gli erano congeniali).
La sceneggiatura, il teleplay, muoveva da un best seller del 1966, scritto da John G. Fuller, The Interrupted Journey, “Il viaggio interrotto”, con un sottotitolo molto esegetico: “Due ore perdute a bordo di un disco volante”. Una breve parentesi per far capire, a chi non mastica di cose aliene, che diavolo è il missing time, il tempo perduto: le vittime di rapimento, non ricordano quanto è loro accaduto. Subiscono una sorta di lavaggio del cervello che obnubila la memoria breve. L’unica cosa di cui hanno contezza, è che gli manca del tempo, ma non sanno dire che cosa abbiano fatto durante quel periodo senza ricordi. Poi, però, il vissuto riemerge o sottoforma di sogni, cioè di incubi, o grazie all’ipnosi regressiva, come accadde agli Hill. La grande fortuna o abilità di Richard Colla è stata quella di trovare due interpreti veramente notevoli per i ruoli di Barney e di Betty: lui è il nero James Earl Jones (che ha fatto Il Dottor Stranamore, ma io me lo ricordo soprattutto per L’esorcista 2, dove era Kokumo da adulto, l’uomo che sputava i leopardi contro Pazuzu) e lei è Estelle Parsons, un’ottima attrice televisiva e di teatro. I loro duetti nel film sono sempre intensi e danno l’idea di chi fossero gli Hill: due degne persone e, soprattutto, due persone che si amavano profondamente – c’è un momento piuttosto toccante dove lei dice a lui che ha la consapevolezza di non essere una bella donna e che teme che lui la ami solo perché è una bianca e Barney le risponde: «Quando guardo il tuo viso, vedo tutto quello che esiste di più bello al mondo» – ma che si erano trovate a fare i conti con un incommensurabile buco nero della loro esistenza.
Angosce di Barney, sul corpo del quale appaiono strani segni, e sogni di Betty che ogni tanto se ne esce con la frase: «La luna si era posata sulla strada…»; e il vuoto di quella notte. Di cui riescono solamente a ricordare che videro un disco volante sopra le White Mountains mentre viaggiavano in macchina. Udirono un bip. E poi ancora quel suono. Ma in mezzo erano passate delle ore. Missing time. Da metà film comincia la paura. Da quando gli Hill accettano di farsi ipnotizzare per sommuovere quel qualcosa che stagna nella loro mente. I racconti delle sessioni sono affidati al pathos che Earl Jones e la Parson sanno esprimere ed è lì che la paura tocca le punte più alte. Sono urla e lacrime. Barney a un certo punto scese dalla macchina e si mise a guardare il disco volante, che incombeva sopra di lui, con un binocolo: la sua voce in sessione ipnotica racconta quel che vide, gli esseri che lo guardavano dagli oblò del mezzo, ma Colla è assolutamente sagace e lì non ci mostra il controcampo: solo Barney che guarda verso l’alto con il cannocchiale. Poi si entra nella parte della ricostruzione strong, che regge anch’essa molto bene. Psicologicamente verosimile, perché è come quando ci si opera: la paura è tutta prima; durante, non si riesce a fare altro che accettare e subire.
Gli alieni sono bassi, vestiti di nero e hanno teste grigie (ma non sono i grigi stricto sensu: Incontri ravvicinati ancora deve arrivare per proporne il concetto). Nei racconti dei coniugi avevano qualcosa di suino in volto, che nel film non c’è. Hanno, soprattutto, degli occhi grandi, vitrei. La loro marca impressionante, lo stigma alieno. Si forza su questo e sulle prove cui Betty e Barney vengono sottoposti: aghi, sonde, raschietti, variazioni sul tema del bisturi. Non c’è nulla di ridicolo, ed è già molto. Gli addotti parlano (mentalmente) con i sequestratori stellari, soprattutto Betty che vorrebbe farsi dare un libro alieno come prova dell’accaduto, ma uno dei capi è d’accordo e un altro no, sicché scendono dall’astronave a mani vuote, riguadagnando la macchina e guardando l’oggetto, una sfera arancione, prendere il volo. Il film non si pone il problema: “è vero, è falso, hanno vissuto quell’esperienza oppure Betty ha influenzato Barney con i suoi sogni e le sue fantasie”. E tantomeno il problema ce lo dobbiamo porre noi. Barney Hill era morto nel 1969 per una crisi cardiaca. Betty sarebbe vissuta fino al 2004. E ciò che sperimentarono effettivamente, quella notte del 20 settembre, se lo sono portati con sé nella tomba.
Gli Hill erano una coppia interrazziale e nel 1961, in America, questo non era considerato affatto consueto e “normale”. Non stupisce, quindi, che qualche psicologo abbia cercato di spiegare la loro esperienza aliena alla luce di questo, come se si fosse trattato dell’esteriorizzazione di uno stress causato dal loro status. Ma ciò è il meno: per porre in dubbio i loro racconti e in particolare quelli di Betty, gli scettici diedero fondo a tutte le risorse disponibili. Si disse, per esempio, che la descrizione degli alieni collimava con la raffigurazione degli extraterrestri apparsi in un episodio (The Bellero Shield) del serial tv The Outer Limits – trasmesso nel febbraio del 1964, una settimana prima che la Hill fosse sottoposta alla prima sessione di ipnosi regressiva dal dottor Benjamin Simon di Boston. Poi non mancò chi sostenne che la storia degli Hill era molto simile a quella del film Invisible Invaders – ma non aveva evidentemente visto Invisible Invaders. Un altro punto dolente sarebbe la celebre mappa stellare disegnata da Betty, che a partire dal 1969 ci si è sforzati di identificare con lo schema delle stelle del Reticolo: dissero che era stata copiata da un planetario…