Claudio Lattanzi – Beyond the Beyond

Scompare un regista, un amico, un sognatore
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Stavo scrivendo un libro su Michele Soavi, estate del 2021. E avevo cominciato a tempestare Claudio Lattanzi di chiamate, assillanti, continue. Lui era il mio tratto di unione con Michele. Quello che sapeva e che ricordava – e ricordava moltissimo, una memoria davvero impressionante – me lo raccontava, altrimenti messaggiava Michele e mi riferiva. Se non ci fosse stato Claudio, l’Oscuro visibile non lo avrei potuto completare, questo è poco ma sicuro. Parlare di cinema, del cinema nostro e particolarmente suo, visto che era stato parte integrante di esso, lo galvanizzava e quelle lunghe conversazioni furono per me un grande conforto nel corso dell’estate che fu la più terribile della mia esistenza. Avevamo scritto insieme, lui, Antonio Tentori ed io, qualche mese prima, anche una sceneggiatura, Beyond the Beyond, nata da un input di Claudio, che fremeva per tornare dietro la macchina da presa, a dirigere qualcosa di completamente “libero e selvaggio”. Nel 2016 era riuscito a girare Everybloody’s End, che si era autoprodotto, ma adesso voleva puntare a una posta più alta. Claudio era incalzante, stimolante, propositivo. Aveva in sé il fuoco dei cinematografari di una volta. Era un realista, pragmatico, ma al contempo possedeva ed era posseduto dall’impeto della passione. E del sogno. Beyond the Beyond era, anzi è, una summa di tutto quello che il cinema italiano aveva smesso di essere da decenni. Claudio aveva un desiderio febbrile di farlo risorgere…

Trovare la quadratura del cerchio, per poter trasformare quella sceneggiatura in un film, richiedeva tempo. Ma Claudio, intanto, non voleva stare fermo. Progettò un documentario, una cosa da fare in battuta, su Mario Bava. Me ne parlò e giungemmo alla conclusione che troppo poco era purtroppo rimasto di quel mondo remoto. Lui mi rigettò la palla: “Inventati un’idea fattibile, ma fallo in fretta, perché voglio girare al più tardi tra un mese!”. Questo accadeva nel dicembre del 2021. A febbraio del 2022 eravamo in azione sul set di Il tempo del sogno. Un viaggio attraverso l’ultima grande stagione del cinema fantastico italiano, dagli anni Ottanta alla metà dei Novanta. Mi ero battuto affinché Claudio, oltre che il regista, fosse anche il narratore di questa ricerca delle cause prime ed ultime, del perché dallo zenit di un grande fermento creativo e produttivo, Fulci, Argento, Soavi, Bava jr, Massaccesi, si fosse arrivati nel giro di pochissimo alla pietra tombale di Dellamorte Dellamore, che aveva irrimediabilmente chiuso un’epoca. Fu irremovibile, Claudio: il Caronte in questo percorso dovevo farlo io. Lui avrebbe diretto il viaggio da dietro le quinte, avrebbe dato la forma cinematografica a questo cammino e sarebbe stato, come di fatto è stato, l’intelligenza occulta e onnicreante del Tempo del sogno. Durai, ricordo, una fatica incredibile a fargli almeno accettare di passare davanti all’obiettivo per rendere testimonianza di quel mondo di Aristide Massaccesi della cui factory aveva fatto parte e per il quale aveva diretto nel 1987 Killing Birds. Lo presi davvero per sfinimento e alla fine cedette e mi accontentò.

A me adesso piace ricordare Claudio per la persona assolutamente positiva e solare, che era. Sul set, deciso e preciso, dotato di quella sana determinazione che lo portava anche a incazzarsi se non raggiungeva l’obiettivo che si era prefisso. Quando giravamo Il tempo del sogno, c’era una frase tormentone ricorrente “… Se no nun se monta!”, che ripeteva dopo avere dato istruzioni sul modo in cui una certa inquadratura dovesse essere realizzata. Non transigeva, finché il risultato non collimava esattamente con ciò che aveva in mente e che Claudio “vedeva”. In quest’ultimo suo sogno che è stato Il tempo del sogno, ci siamo accorti entrambi, alla fine, a bocce ferme e ad opera conclusa, che serpeggiava una sensazione soggiacente, rarefatta, inesprimibile. Provammo a parlarne, a cercare di chiarircela, ma restava solo una tinta morbida di sfondo, un colore tenue, un profumo fragrante e struggente che solo in minima parte aveva a che vedere con quanto avevamo raccontato. Lasciammo cadere il discorso. Ma io, adesso, so che lui sa…