Bonding
2019
Bonding è una serie tv del 2019, ideata da Rightor Doyle.
Cosa fanno davvero le Dominatrix durante il loro lavoro? Bonding, serie di soli sette episodi, cerca di dare una risposta a questa domanda a volte troppo pruriginosa per poter essere sviscerata con naturalezza. Dice bene la protagonista, (Zoe Levin già presente in altre serie televisive, una fra tutte Arrested Development) che interpreta Tiff, studentessa di psichiatria, e Mistress May, implacabile dark lady: per la stragrande maggioranza della gente il ruolo che impersona equivale a quello di una prostituta. Andata in onda sulla piattaforma Netflix, la serie si presenta come una dark comedy che ha, tra le altre cose, il pregio di avere episodi della durata di 15 minuti l’uno, facili da seguire, che scorrono veloci e invogliano alla visione. La trama è semplice e immediata: Pete (Brendan Scannell), giovane gay che vuole diventare un comico da stand up, vive in un bizzarro appartamento e non riesce a pagare l’affitto, così “supporta” la sua amica dei tempi del liceo, Tiff, nel suo lavoro di Mistress. Il ragazzo, da semplice assistente, diventa qualcos’altro di più presente e attivo. La storia, a tratti surreale, nasconde in realtà molto più di quanto voglia far credere inizialmente.
Lo si percepisce dai dialoghi, lo si vede nelle situazioni e soprattutto lo si scopre dai personaggi. Ognuno dei quali è fatto a strati; tutti indossano una o più maschere che vengono tolte via via durante il corso della narrazione, mostrando una serie di sfaccettature più complesse e fragili, vari esempi di umanità con le proprie idiosincrasie, manie, segreti e pulsioni. Esattamente come tutti. I personaggi, dai protagonisti ai clienti e ai vari compagni di (s)ventura, mostrano uno spessore ed un volto nascosto, difficile da decifrare, almeno inizialmente. Nel cast va ricordata anche D’Arcy Carden, la Janet di un’altra serie sempre targata Netflix, A Good Place, qui nel ruolo di una premurosa moglie affettata, che sicuramente vedremo in altre vesti nelle puntate a seguire. La serie, miscela humour e drama, in un connubio delicato e delizioso fatto di equivoci, battute e scene di sesso e perversioni, il tutto affrontato senza volgarità, ma con obiettiva e semplice normalità. Nonostante a volte possa apparire scontata, Bonding è un interessante prodotto che fa riflettere. Molto curata la fotografia, che muta a seconda dei luoghi in cui si svolge la vicenda: dagli appartamenti dei protagonisti e dei clienti ai locali BDSM o in esterni luminosi.
Viene mostrato che i compratori, i quali pagano per ricevere le “cure” di Mistress May, sono in realtà persone normali, che hanno solo bisogno di sfogarsi nell’intimità di alcove, lontano da sguardi moralisti e benpensanti. Bonding può sconvolgere coloro i quali non sono propriamente addetti ai lavori, ma di sicuro può aiutare a capire un mondo vasto e complesso, quello BDSM, a volte frainteso o bollato come malato o pericoloso. Mostrando alcune delle perversioni, si cerca di affrontare la tematica della libertà sessuale nella camera da letto, dove tutto è lecito, basta avere a portata di mano una safeword per quando si vuole terminare il gioco. Perché è di questo che si parla: il gioco (di ruolo) del sesso, senza inibizioni, giudizi e accuse. Certo non mancano i momenti drammatici che fanno riflettere sul disagio dell’essere umano contemporaneo e sulle sue paure, ma si affronta con un sorriso dolce amaro. Persino nel finale lasciato aperto si sorride anche se con i denti stretti. Si presuppone una seconda stagione, date le premesse presenti, gli agganci e gli abbocchi disseminati qua e là durante tutti gli episodi.