Bloody Movies: Luca Musk in mostra

Nuove opere di maestri dell'horror, nella reinterpretazione dell'artista
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La fissazione mnemonica di un dettaglio; un quadro mentale, statico, persistente ed ossessivo che cela in sé un segreto e che si rivela infine un grimaldello per forzare la porta della soluzione di un giallo. Alla base di gran parte dei film di Dario Argento era ricorsivo il tema del particolare rivelatore, rimasto “ghiacciato” negli occhi di qualcuno. In qualche modo l’opera pittorica di Luca Musk (al secolo Luca Muscio) richiama tale “sistema Argento”: l’artista parte da un freeze-frame, da una millimetrica copia di un certo fotogramma e passa quindi a rielaborarlo con tecniche analogico-digitali che al colore, soprattutto, affidano il potere della metamorfosi, raggiungendo un risultato straniante. I quadri di Musk, così, più che un punto di arrivo, un sistema “fisso” e banalmente mimetico, suggeriscono alcunché di volatile, come una piattaforma di lancio verso altri orizzonti possibili che quell’immagine di innesco racchiude in sé. L’artista aveva, a Dario Argento, dedicato un’esposizione dei propri lavori presso lo Studio Luca Musk art in Via della Fisica 37 a Roma, dal titolo Dario Argento Reloaded, della quale già riferimmo e nella quale gli scatti dal set del regista, opera di Franco Bellomo, si associavano alle interpretazioni-rielaborazioni di Musk, sia  a partire dalle foto di scena, sia muovendo da un fermo immagine di quegli stessi film.  

L’esposizione, ora, si è andata accrescendo ed espandendo. Al novero dei maestri dell’horror/thriller italiano si sono aggiunti i nomi di Mario Bava, Lucio Fulci, Pupi Avati e Michele Soavi, come altrettanti pozzi immaginifici dai quali Musk ha attinto per operare il medesimo scarto che dalla copia pura e semplice si eleva nella sfera di una nuova suggestione, complessa. Bloody Movies si intitola ora la Mostra, che per quanto riguarda Dellamore Dellamore, il film di Michele Soavi che sigillò nel 1994 il “Tempo del sogno” del grande cinema fantastico italiano, ha cavalcato l’assist offerto dalla recentissima riproposizione del titolo nelle sale, in occasione del trentennale, in versione restaurata. Lavorando sulle virtù metamorfiche, appunto, del rosso, Musk accende, così, taluni momenti dell’incontro tra il protagonista Francesco Dellamorte, Rupert Everett, e Lei, la donna che Anna Falchi simboleggia in varie declinazioni del femminile, nella storia, in fantastici rendez-vous che oltrepassano quanto già di pittorico e astratto il genio di Soavi aveva insinuato nelle immagini sullo schermo.  

Anche Pupi Avati, in compagnia del fratello Antonio, si è portato, di recente, a visitare la Mostra presso lo studio Musk, assai apprezzando gli omaggi che sono stati resi alla sue opere gotiche (ma non solo), a partire da La casa dalle finestre che ridono, proseguendo con Zeder e culminando nel più recente Il signor Diavolo. Anche qui la dominante rossa non solo dilaga attorno a situazioni focali come quell’infierire di coltellaccio sul corpo del “San Sebastiano”, macellato come un quarto di bue, ma le quintessenzializza in un distillato che rimanda al film di Avati, certo, ma al contempo ne valica il “testo”, procedendo oltre. Colpiscono, anche, quegli scorci della brumosa casa maledetta, affogata dentro una tinta dantescamente “persa”, che porta impressi, altrove, sulle mura esterne i marchi di purpurei sorrisi.