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Clickbait

2021
REGIA:
Brad Anderson, Emma Freeman, Cherie Nowlan, Ben Young
CAST:
Zoe Kazan (Pia Brewer)
Betty Gabriel (Sophie Brewer)
Phoenix Raei (Roshan Amiri)

Il nostro giudizio

Clickbait è una serie del 2021 creata da Tony Ayres e Christian White.

Dopo una lite in famiglia, Nick Brewer scompare. Poco tempo dopo, compare in rete un video che lo vede protagonista e, in un attimo, diventa virale. In quei pochi secondi Nick appare spaventato mentre mostra all’obiettivo due cartelli: “Io abuso delle donne” e “A 5 milioni di visualizzazioni muoio”. La polizia inizia le ricerche ma scatta anche un’indagine parallela da parte del popolo del web che, in maniera collettiva e partecipativa, cerca Nick, vivo o morto che possa essere. Questo è solo l’inizio dello scoperchiamento di un vaso di Pandora che contiene una lunga serie di segreti che riguardano Nick e le persone che gli stanno intorno. Clickbait è un giallo che, nelle intenzioni degli autori, vorrebbe sfruttare le potenzialità che l’utilizzo della rete offre al genere pur conservandone le strutture e i meccanismi più solidi. Per molti aspetti, la serie è un classico whodunit come se ne vedono tanti, con tutti gli elementi caratteristici al loro posto: un crimine, un’indagine, un investigatore che non di rado si ritrova in una posizione borderline per quanto riguarda il rispetto delle regole e diversi plot twirt che spezzano la linearità della narrazione.

A una ricetta tanto collaudata vengono aggiunti diversi dettagli che contribuiscono efficacemente a dare all’ambientazione un senso di contemporaneità pur senza sconfinare nella modernità urlata a tutti i costi: dal poliziotto musulmano integrato nel sistema, alla sorella della vittima che in una scena si masturba davanti al pc, tutto ci suggerisce che siamo nel 2021 senza appendere cartelli luminosi da nessuna parte. Riesce bene, in tal senso, l’utilizzo dell’elemento caratterizzante di Clickbait: la rete come parte del nostro vivere quotidiano e non più come qualcosa di esotico. Social network, app di incontri, furti di dati e tante altre situazioni similari s’incastrano nella narrazione in maniera scorrevole e naturale, evitando con successo quell’effetto “protagonista che batte nervosamente sui tasti aprendo finestre a raffica” tanto caratteristico dei primi thriller a tema informatico quanto innaturale e involontariamente comico se visto al giorno d’oggi. Clickbait parla di Internet con la giusta disinvoltura. I problemi della serie, tuttavia, saltano fuori guardando l’altra parte del concept: il giallo.

Ora, i colpi di scena ci stanno, ci mancherebbe, una storia lineare che va dal punto A al punto B non è la migliore soluzione per il genere, lo spettatore è lì per scoprire che niente è come sembra e si aspetta qualche rivelazione che spariglia le carte in tavola. Tuttavia, in Clickbait questo aspetto è davvero esagerato. Le rivelazioni sono sparate a raffica, rocambolesche, e costruiscono un edificio complicato, con momenti d’involontaria ilarità che ricordano vagamente Sensualità a corte, che rendono la narrazione sempre più contorta, a tratti veramente tirata per i capelli. Gli indizi che mantengono corretto lo svolgimento della trama gialla ci sono, ma sono talmente flebili da viaggiare sul filo della pretestuosità. Il che è un peccato, perché i personaggi sono ben costruiti, e hanno quel tanto che basta di spessore per reggere a dovere tutte e otto le puntate di una serie su cui pesa un’inutile complessità che va a comprometterne la solidità come racconto giallo. Possiamo dire una serie riuscita nel suo intento di raccontare la contemporaneità, ma traballante alla base.