Salò, ultimo girone: quarta sessione
Il Monsignore è il voyeur. Il Duca officia, il Presidente e l’Eccellenza assistono. I fanciulli Giuliana Melis, Lamberto Book, Claudio Cicchetti e la figlia Liana Acquaviva sono le vittime.
Salò, ultimo girone: quarta sessione. È quella in cui Cataldi assiso in trono contempla le efferatezza compiute dai tre compari, ed è quella che possiamo ricostruire esclusivamente con l’ausilio delle foto di scena. Per cui resta lo spazio per il dubbio. Partiamo dai dati certi, e cioé che in questa tornata Bruno Musso finiva garrotato sul marchingegno infame e che, lì accanto, su un altro ordigno di morte, una sedia elettrica, i carnefici uccidevano la quarta figlia, Liana Acquaviva, dopo che Claudio Trocchi (il collaborazionista riccioluto che somigliava a Ninetto Davoli da giovane) l’aveva sodomizzata. Gli scatti di Fabian Cevallos illustrano abbondantemente le varie fasi di questa quarta sessione, e ci aiutano, inoltre, a gettare un po’ di luce sull’identità delle vittime legate ai picchetti. Da sinistra, troviamo due fanciulli, che potrebbero essere Lamberto Book e – andando per esclusione, perché rimarrebbe solo lui – Claudio Cicchetti. Possibile che il loro supplizio non sia mai stato filmato e che la loro presenza nel cortile fosse puramente coreografica. Mentre l’estrema destra dello spazio patibolare è occupata da una fanciulla, Giuliana Melis, vittima della violenza sodomitica da parte di Paolo Bonacelli, mentre gli assistenti, armati di pinza e rasoio, le recidono i capezzoli. Come nel caso dello strazio di Dorit Henke, anche per la Melis il trucco dovette essere piuttosto elaborato: sopra i seni le vennero applicare delle protesi alle quali dei tubicini pompavano il sangue finto, e moltissime foto della Beer illustrano sia la preparazione sia l’esecuzione di questa scena.
Anche in questo caso, la quaterna delle vittime permette di aggiungere qualcosa di più alla semplice elencazione dei nomi. Lamberto Book è il ragazzo che, nella celebre sequenza dei cani, si rifiuta di mangiare dalla ciotola e viene per questo punito da Quintavalle, che lo massacra di frustate. Altrove nel film sta sempre in posizione defilata. Non così Claudio Cicchetti, cui spetta l’ ”onore” di essere il primo dei fanciulli brutalizzati, quando Cataldi, durante il racconto della Vaccari, lo trascina in bagno per goderselo ma poi, insoddisfatto, lo prende a calci. Abbiamo sciolto su Nocturno l’enigma che riguarda il suo gesto, relativo a un momento successivo delle orge, quando il ragazzo traccia su un tappeto segni che erano stati interpretati come una bestemmia, ma che sono, in realtà, il suo nome, Claudio. Un atto ben più pregnante – come muto tentativo di ribadire la propria identità e individualità – che l’improperio contro il divino e la religione, che nell’universo di Salò Pasolini ci ha già mostrato equivalere a quella nicchia cieca, murata, dove trova la morte l’anonima fanciulla suicida. Cicchetti è anche il primo ragazzo a essere annotato nel libretto nero delle condanne e non gli serve evidentemente a nulla trasformarsi in delatore, denunciando Graziella perché tiene la foto del fidanzato sotto il cuscino, visto che alla fine condivide il lotto di morte degli altri. La catena delle delazioni si dipana da Cicchetti a Graziella Aniceto – come abbiamo già detto – e culmina con Olga Andreis, che, trovata nel letto ad amoreggiare con Antiniska Nemour, per salvarsi non esita a rivelare la tresca di Ezio e della serva negra e addirittura accompagna i quattro signori sul posto, assistendo all’esecuzione dei due amanti.
Eva – così si chiama nel film la Andreis, che gode di una bella entrée, essendo la prima ragazza della quale la ruffiana magnifica le doti ai signori – apparentemente scompare dal film dopo avere accompagnato i signori a scoprire la tresca di Ezio e della serva nera. Si dovrebbe pensare che non venga torturata, nonostante i suoi atteggiamenti saffici con la Nemour siano stati sorpresi già in precedenza e le abbiano guadagnato una nota nel libriccino maledetto. Inaffti, non solo il personaggio di Eva non è con le compagne quando il Duca pronuncia la lista di morte, ma non la troviamo poi nella tinozza di merda. Le foto di scena, però, ci svelano il grande arcano della sua scomparsa, perché Eva veniva ammazzata sparandole nella schiena mentre correva da qualche parte (che le avessero fatto balenare la prospettiva della libertà?) verosimilmente appena dopo la sua delazione. Sebbene la scena della scoperta della tresca di Ezio avvenga di notte e le foto della Beer che documentano la morte della Andreis siano diurne – ma poteva essere poi usata una notte americana. Il carattere di Eva manifesta diverse analogie con quello di Graziella, con la quale infatti lega particolarmente, rappresentando una figura materna o sororale, allorché conforta la compagna, ad esempio, durante il banchetto di escrementi, esortandola a mangiare per fare “un fioretto alla Madonna”. E come Graziella, Eva che sembra così remissiva e rassegnata, alla fine passa – scelta necessitata – dalla parte dei carnefici. Quanto alla sarda Giuliana Melis, anch’essa ha un volto e una fisicità che Pasolini doveva apprezzare, considerata la frequenza con cui la inquadra e la sottolinea, nella spassosa situazione del training masturbatorio sul manichino (e quando Hélène Surgere incita la fanciulla urlando e battendo il piede, ci troviamo di fronte a uno di quei momenti dove emerge limpidamente il fondo comico di Salò) e allorché Cataldi la forza ad assistere mentre compie un atto onanistico («Guarda, guarda con quei begli occhietti!»). Il film di Pasolini auspicò alla Melis una parte l’anno successivo, nel 1976, in I violenti di Roma bene di Massimo Felisatti e Sergio Grieco, uno dei molti figli spurii e degeneri di Salò, e nel 1977 in La presidentessa di Luciano Salce. Poi questa ricciolina, piccola e rotondetta, sparì dalla circolazione. Di Liana Acquaviva non si trova che abbia fatto nulla al di fuori di Salò, dove comunque gode di un certo rilievo tra le “figlie”, grazie alla scena in cui, servendo a tavola durante il primo banchetto, viene fatta cadere e abusata sodomiticamente da un milite (con tutte le mostruose facezie di Aldo Valletti che seguono) e soprattutto per via di quel grido, straziante quanto inutile che innalza dal bagno di escrementi: «Dio, perché ci hai abbandonato?».
La ricostruzione che abbiamo così tentata, di una cronologia e di una fenomenologia dell’ultima parte del film di Pasolini, non è definitiva. Però, con buona approssimazione, il quadro generale è quello che abbiamo delineato. Anche se nel dettaglio ci è – allo stato delle cose – impossibile dire come venivano uccise le vittime dopo avere subito le torture e se le morti di tutti furono effettivamente filmate o se bastò girare i supplizi. Le affermazioni di Antiniska Nemour, sulla sua morte per annegamento, fanno riflettere. E d’altra parte questi sono dettagli che potrebbero chiarire solo i diretti interessati, cioé le vittime, che oggi o sono scomparsi nel nulla e se li si trova non accettano di parlare. Nemmeno l’accesso alle oltre 7000 foto di scena di Deborah Beer ci dà la possibilità di dirimere tutti i dubbi: a cominciare dall’aneddoto che ha raccontato l’aiuto regista del film Fiorella Infascelli, a proposito dell’incidente occorso sul set a un’attrice che in una scena di tortura fu ustionata da un ferro rovente, per un difetto del materiale usato per proteggerle la pelle.